Case vacanza, dieci regole per prendere o dare in affitto un appartamento: dal contratto alle novità anti evasione

Una stretta all’evasione per gli affitti brevi e l’istituzione di un registro nazionale di tutte le strutture ricettive, comprese le case vacanza. Sono le novità introdotte da un pacchetto di emendamenti della maggioranza al Decreto Crescita per fermare i cosiddetti “furbetti” degli affitti brevi. Sono migliaia infatti i locatari che ogni anno affittano, in proprio o attraverso le piattaforme online, le loro seconde case o appartamenti senza però rispettare le regole. E l’estate, con il boom della locazione di breve e lungo periodo, è ovviamente la stagione in cui il fenomeno si verifica maggiormente. Il business secondo gli esperti del settore è in continua crescita. Sebbene alcune piattaforme prevedano il pagamento delle tasse già direttamente online al momento della prenotazione, in realtà sono ancora molti quelli che non corrispondono la cedolare secca all’Erario o l’imposta di soggiorno al Comune. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le vecchie e le nuove regole per l’affitto di una casa vacanza.

1 – Cosa vuol dire affitto breve

Quando affittiamo o diamo in affitto un locale per un periodo inferiore a un mese rientriamo nella categoria dei cosiddetti “affitti brevi”. Secondo il decreto legge 50 del 2017, che ha definito la materia, per locazione breve si intende un “contratto di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di puliziadei locali, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”. A regolare il mercato, oltre al decreto del 2017, è anche il Codice Civile che agli articoli 1571 e seguenti definisce le regole sugli affitti. La stessa disciplina include anche la sublocazione, i contratti di concessione in godimento dell’immobile stipulati dal comodatario, nonché l’affitto di singole stanze, purché con la stessa durata, quindi inferiore a 30 giorni. Diverso è il discorso per chi svolge un’attività d’impresa, ad esempio chi affitta tre o più immobili all’interno dello stesso Comune, oppure per chi stipula contratti per finalità commerciali, anche se in maniera non abituale, come ad esempio succede al datore di lavoro quando affitta immobili dati a uso foresteria ai propri dipendenti.

2 – Il contratto è obbligatorio?

La particolarità di questa locazione è che non necessita di una registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, né di un contratto registrato, essendo questo obbligatorio per legge a partire dal trentesimo giorno di affitto. Il contratto quindi non consiste in una firma da parte delle due parti, ma si considera stipulato, come specifica il Fisco, “nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte (art. 1326 c.c.)”, non contano la data di pagamento del corrispettivo né quella di utilizzo dell’immobile. Nel caso di intermediari, invece, il contratto si considera stipulato nel momento in cui l’utente riceve la conferma della prenotazione da parte dell’intermediario. Non essendo un contratto registrato, l’imposta di registro e di bollo non vanno corrisposte. Con le nuove norme che saranno introdotte con gli emendamenti al Decreto Crescita, però, subentreranno dei nuovi obblighi per il locatore che dovrà dotarsi di un codice identificativo da registrare in un’apposita banca dati. La mancata comunicazione e pubblicazione del proprio identificativo comporterà una multa da 500 a 5000 euro. La norma punta a stanare i cosiddetti “furbetti” delle case vacanza, sia locatori che intermediari, che, senza obbligo di contratto, finora hanno evaso facilmente le tasse.

3 – I dati da comunicare

Anche se il contratto non è registrato, il proprietario o l’intermediario devono comunque fornire delle indicazioni sugli ospiti presenti in struttura. Ad esempio sono obbligati, per motivi di sicurezza, a comunicare all’autorità giudiziaria le persone presenti nell’appartamento in quel momento. Lo stesso locatore deve fornire dei dati: nome e cognome, codice fiscale, durata del soggiorno, importo del corrispettivo lordo e indirizzo dell’immobile. La correttezza dei dati forniti non va verificata dall’intermediario. Quindi, per esempio, se affittiamo un appartamento al mare tramite una piattaforma on-line, non possiamo incolpare la piattaforma se i dati non sono corretti. È il locatore il garante dei dati forniti ed è quindi lui stesso responsabile della veridicità delle informazioni comunicate dal sito o dall’agenzia immobiliare.

4- Le tasse: cedolare secca e obblighi di riscossione per gli intermediari

Nonostante l’affitto breve non venga considerato al pari di un’attività d’impresa, è comunque soggetto a tasse. I redditi derivanti da una locazione di breve durata rientrano tra i redditi fondiari al pari delle locazioni di maggior durata. La tassazione è prevista solo sui redditi effettivamente incassati e quindi sul canone di locazione percepito in quei 30 (o meno) giorni. È possibile usufruire del regime di cedolare secca, vale a dire un’aliquota unica al 21% che esclude i redditi derivanti dall’affitto da quelli tassati ed evita il pagamento delle addizionali comunali e regionali Irpef. Grazie alla nuova normativa introdotta nel 2017, ora è possibile far rientrare sotto questo regime alternativo anche i redditi derivanti dai contratti di sublocazione, di concessione in godimento oneroso dell’immobile da parte del comodatario e di locazione che comprende servizi accessori, per esempio la pulizia e la fornitura di biancheria. L’aliquota dell’imposta sostitutiva fissata al 21 per cento si applica all’intero importo del canone indicato nel contratto, non è previsto l’abbattimento forfettario del 5%, possibile invece nel regime di tassazione ordinaria dei canoni di locazione. Sempre dal 2017, gli intermediari, che siano piattaforme online o agenzie, che partecipano in tutto o in parte al pagamento del canone, sono obbligati ad effettuare loro stessi la ritenuta. In questo caso, ad esempio, bisognerà verificare se il prezzo dell’immobile proposto dal sito o dall’annuncio è già comprensivo dell’aliquota al 21%. Se invece il proprietario affitta autonomamente un immobile, la richiesta dell’aliquota e il conseguente versamento all’Erario spettano a lui che, in sede di dichiarazione dei redditi, sceglierà per ogni “contratto” stipulato quale regime di tassazione adottare.

5 – Pagamenti tracciabili e ritenuta inclusa

Ci sono diverse modalità per pagare l’affitto di una casa vacanza. Si possono usare assegni bancari o pagamenti online. Ma in ogni caso tutto deve essere regolarmente tracciabile. Nel caso di assegni bancari intestati direttamente al locatore, l’intermediario non potrà effettuare la ritenuta del 21%, non avendo la materiale disponibilità delle risorse. Per questo, anche se l’assegno è stato consegnato per suo tramite, il pagamento delle tasse spetta al proprietario dell’immobile. Diverso è il caso dei pagamenti effettuati tramite carta di credito, debito, carta prepagata o paypal. In questo caso i prestatori di servizi di pagamento non effettuano la ritenuta che verrà invece effettuata dagli intermediari veri e propri delle transazioni. In ogni caso la ritenuta va operata sul corrispettivo lordo della locazione, escludendo cioè tutte quelle voci fuori contratto, come penalidepositi cauzionali o caparre.

Agenzia Immobiliare

6 – La tassa di soggiorno

Anche l’imposta di soggiorno è obbligatoria per gli affitti brevi. In questo caso, così come per la ritenuta, il responsabile della riscossione, come ricorda la legge del 2017, è il soggetto che incassa il canone o il corrispettivo, “ovvero colui che interviene nel pagamento dei predetti canoni”. Questo vuol dire che nel caso in cui l’utente paghi l’affitto direttamente tramite sito sarà il gestore di quest’ultimo a dover versare l’imposta nelle casse comunali. Viceversa, nel caso in cui sia il proprietario a riscuotere il canone, sarà suo compito versare la tassa. L’imposta è diversa di Comune in Comune. Questa viene infatti istituita con deliberazione del consiglio comunale ed è applicabile – secondo criteri di gradualità – in proporzione al prezzo, fino all’ammontare di 5 euro a persona per notte di soggiorno. Anche per questa misura il Decreto Crescita prevede una stretta. Sia i proprietari degli immobili che gli intermediari dovranno infatti comunicare “in forma anonima e aggregata per struttura” i dati delle presenze per la pubblica sicurezza. Responsabili in solido, nel caso in cui il proprietario si appoggi ad una piattaforma, anche i siti. Le informazioni comunicate saranno condivise anche con i Comuni che potranno così denunciare eventuali inesattezze sulle imposte versate.

7 – Caparra: non un obbligo, ma prassi

Per gli affitti brevi la caparra non è obbligatoria, cioè non c’è nessuna legge che obbliga il locatore a richiedere dei soldi per “fermare” la stanza o la casa. È ormai prassi richiedere un acconto, generalmente del 30 per cento. Non è una percentuale fissa e può quindi essere diminuita al 20 o 10 per cento, o addirittura azzerata. Le caparre possono essere di due tipi: penitenziale e confirmatoria. La penitenziale funziona come un diritto di recesso e scatta quando, ad esempio, il cliente annulla la prenotazione pochi giorni prima del suo arrivo. La confirmatoria invece vale come risarcimento danni in caso di inadempimento da parte o dell’ospite o del locatore. Generalmente la caparra è parte dell’affitto totale da percepire. La somma, comunque, è esclusa dalla ritenuta che locatore o intermediario operano sull’immobile.

8- Cauzione e saldo, come funzionano?

Il pagamento del saldo deve avvenire generalmente a pochi giorni dall’inizio del soggiorno oppure nel giorno stesso di arrivo, alla consegna dell’immobile o della stanza. Per poter risiedere nella struttura è ormai consuetudine richiedere una cauzione, cioè una somma addizionale rispetto al costo dell’appartamento o della stanza, versata a titolo di garanzia per gli eventuali danni causati dagli affittuari. Il deposito non può essere trattenuto per motivi generici, ma deve essere sempre restituito previa visita dell’immobile. Solo nel caso in cui ci siano stati danni è possibile non restituire l’acconto o parte dell’acconto. In questo caso è bene fotografare i danni e inviare per e-mail le foto dei danni all’affittuario. La cauzione per danni va corrisposta nel momento di consegna della casa, ed è buona prassi controllare ed avvertire immediatamente il proprietario nel caso di elettrodomestici o parti dell’immobile non funzionanti o danneggiati. Anche la cauzione non è compresa nel calcolo finale della ritenuta.

9 – Pasti e biancheria: cosa dice la legge?

Secondo la normativa sugli affitti brevi è assolutamente vietato fornire o somministrare viveri agli affittuari. Una trasgressione di questa normativa può portare a una denuncia per esercizio abusivo di professione ricettiva, incorrendo in sanzioni pesanti. La legge su questo è particolarmente intransigenza perché i pasti rappresentano la linea di confine fra alberghi, bed and breakfast e case vacanza, specialmente viste le varie agevolazioni che sono riconosciute alle locazioni transitorie. Prima della nuova normativa del 2017, inoltre, anche fornire biancheria era considerato un illecito. Il Decreto Legge 50/2017 ha infatti chiarito definitivamente che è consentita la prima fornitura di lenzuola e asciugamani che non viene considerata come un “servizio alla persona”, perché viene svolto in un periodo in cui l’ospite non è presente nella struttura. Per lo stesso motivo, sebbene il riassetto dei locali non sia consentito durante la permanenza degli ospiti, è possibile comunque far trovare il materiale e gli strumenti necessari per la pulizia dei locali.

10 – Attenzione alle truffe

Come ogni estate anche quest’anno si è già ripresentato il problema delle case-truffa. Specchietti per le allodole caricati su piattaforme di abitazioni o, più spesso, direttamente su gruppi Facebook, per spillare soldi ai meno attenti. Riconoscere questi annunci fake non è sempre semplice, anche se la Polizia Postale da anni diffonde vademecum per evitare di essere truffati. Ad esempio, come abbiamo già detto, è più sicuro utilizzare metodi di pagamenti tracciabili. Ma le “regole d’oro” sono tante. È buona prassi richiedere, oltre alle foto già messe a disposizione, ulteriori dettagli o ulteriori scatti. Se possibile buona norma è anche quella di conoscere prima l’inserzionista, magari di persona, verificando l’esistenza dell’immobile. Fondamentale è poi non fornire mai i documenti via mail. Si possono fornire dati per via telematica ed integrarli poi, di persona, con eventuali copie di carta d’identità o codice fiscale. Non da ultimo: verificare il prezzo. Se un immobile ci sembra particolarmente conveniente per la stagione è d’obbligo fare delle verifiche, contattando strutture concorrenti e paragonando i prezzi.

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